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50 EURO DI CARBURANTE. DOVE FINISCONO?

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50 europistola 340x303Li dai al benzinaio. Ma a chi gonfiamo le tasche?

Si tratta di domanda solo in apparanza banale perché la grandissima parte di quel che si paga per fare rifornimento alle nostre autovetture non va in benzina o gasolio, né per ricevere un servizio, ma al contrario "compra" tasse e speculazioni finanziarie.

I due grafici che seguono danno conto puntualmente di dove "finisce" e di come viene "diviso" il denaro che l'automobilista lascia al distributore, quando chiede 50 euro di benzina o di gasolio, al prezzo medio praticato in Italia, secondo dati recenti resi pubblici dal Ministero dello sviluppo economico.

50 euro benzina a 1672012 450x295

50 euro gasolio a 1672012 450x295

Le tasse. Come è a tutti noto, il peso della tassazione derivante dalla somma dell'accisa -ripetutamente aumentata tra la fine del 2011 ed oggi- e dell'IVA -il cui gettito aumenta ogni volta che si alza il costo di ciascun altro componente- risulta particolarmente elevato: al 16 giugno scorso, il 58,57% per la benzina e il 54,56% per il gasolio.

Per evitare di cadere in una facile demagogia, va chiarito che con la tassazione imposta sui carburanti per autotrazione, lo Stato ottiene risorse pari a circa 30 miliardi di euro all'anno, che sostanzialmente pareggiano per importo la voce di costo più importante (personale dipendente e collaborazioni) dell'intero sistema sanitario nazionale.

Risorse, come è facile intuire, di cui l'erario -e quindi la collettività- non potrebbe in nessun caso privarsi.

Ciò non toglie che questo sistema di tassazione sia senza dubbio odioso e di fatto iniquo perché:

  • colpisce indiscriminatamente tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro fonte di reddito, pesando in questo modo maggiormente sulle classi meno privilegiate e più in difficoltà;
  • prevede l'imposizione di una tassa, l'IVA, su un'altra tassa, l'accisa;
  • proprio in funzione dell'aumento progressivo dell'IVA, rende lo Stato compartecipe e, nei fatti, cointeressato ad ogni tipo di aumento che subisce il carburante, ivi compreso quello che scaturisce dalle speculazioni finanziarie, particolarmente attive sul mercato internazionale del petrolio, costantemente in fibrillazione ormai da molti anni.

Da qui, la richiesta forte e reiterata -ma finora inascoltata- avanzata al Governo dalla Cisl (cfr. l'articolo "Benzina, la ricetta della Cisl", a firma del Segretario Confederale, Gianni Baratta) perché venga data concreta attuazione alla misura che prevede la "sterilizzazione" del maggiore e imprevisto gettito di IVA, attraverso l'adeguamento in diminuzione del valore dell'accisa.

Il Gestore. I grafici fanno giustizia di una delle enormi sciocchezze che, di tanto in tanto, vengono utilizzate strumentalmente -dalla comoda posizione garantita loro dagli ingenti emolumenti che gli vengono mensilmente corrisposti- da alcuni operatori del settore (cfr. "cd controdistribuzione flash n.2012-05 del 26.3.12"): in Italia i carburanti costano tanto per colpa dei Gestori.

1 euro ogni 50 euro, vale a dire 40 centesimi ogni erogazione media pari a 20 euro. Il 2% del prezzo unitario alla pompa.

Inutile commentare. Basta riflettere su quanto si é abituati a lasciare di mancia per un caffè o anche al ragazzo extracomunitario che "aiuta" a fare carburante al self service.

E' bene, al contrario, rammentare che quell'esiguo "margine" che viene riconosciuto mediamente ai Gestori è un valore lordo, all'interno del quale gli stessi devono trovare le risorse per pagare, tra l'altro, le tasse sui redditi, i propri dipendenti e tutti gli oneri gestionali.

I petrolieri. Come viene evidenziato nei grafici, il dato attribuito alle compagnie petrolifere è comprensivo della cosiddetta quotazione platts, vale a dire di quello che per convenzione viene assunto -soprattutto dai petrolieri- come il costo dei prodotti finiti -benzina e gasolio, appunto- sul mercato internazionale.

Sulla quotazione platts rimandiamo all'approfondimento di questo sito all'argomento dedicato.

Qui sarà sufficiente ricordare che, indipendentemente dalla sua attendibilità, a monte della quotazione platts le fasi di tutta la filera, ivi comprese le speculazioni internazionali, sono interamente controllate dalle stesse compagnie petrolifere, quasi tutte integrate.

Vale a dire che ciascuna compagnia petrolifera (la divisione operativa) vende/compra i prodotti a/da se stessa (la corporate).

A un prezzo -c'è da giurarci- che nulla ha a che vedere con la quotazione platts, ma semmai con le particolari esigenze interne di ogni azienda.

D'altra parte, non è davvero un mistero che i bilanci delle multinazionali del petrolio che operano anche in Italia -ivi compresa la nostra cosiddetta compagnia di bandiera- continuano a chiudere i propri bilanci con utili che non hanno conosciuto, né conoscono crisi: sembrano, al contrario, essersene giovate.

Allo stesso modo, non è davvero un mistero che sia proprio il cosiddetto up stream -vale a dire le fasi di ricerca ed estrazione dei greggi- ad ottenere le migliori performance.

Il motivo è semplice: mentre il costo di estrazione vale, volendo tenersi larghi, 10$ al barile, sui mercati finanziari il petrolio viene scambiato stabilmente oltre i 100$, anche grazie alle note speculazioni.

Uno spread -si direbbe di questi tempi- che i petrolieri, neanche quelli nostrani, non possono permettersi di fare scomparire occultandolo dietro la quotazione platts.

E' come se ci volessero fare credere che comprano i carburanti che si vendono presso i loro impianti, dalle pompe bianche!

Esagerato?

Guardate questi altri grafici.

50 euro benzina b 1672012 450x295

50 euro gasolio b 1672012 450x295

Una volta scorporata la quotazione platts, i petrolieri "denunciano" un margine industriale lordo che varia dal 5,06% per la benzina, al 3,76% per il gasolio, sui rispettivi prezzi al pubblico!!!

Margini da fame. Di poco superiori a quelli dei Gestori. E' credibile?

Non c'è bisogno di confrontarli con settori abitati da soggetti imprenditoriali altrettanto "forti" come la farmaceutica o quello bancario.

E' sufficiente osservare come le compagnie petrolifere vadano abbondantemente sotto il loro margine denunciato, infischiandosene del platts, quando vendono i prodotti sul libero mercato proprio alle pompe bianche o ai marchi della GDO (cfr. l'articolo "I prezzi delle "pompe bianche"? Non hanno l'esclusiva.").

E siccome si può essere certi che non vendono in perdita, ciò significa che una parte consistente del loro margine si nasconde proprio all'interno della quotazione platts.

D'altra parte, pretendere di scorporare la quotazione platts dal margine industriale dei petrolieri è, di fatto, come se si volesse scorporare il costo della manodopera dal margine del Gestore o il costo del servizio sanitario nazionale a cui viene sostanzialmente destinato il gettito fiscale derivante dalla tassazione sui carburanti.

Considerazioni fin troppo banali per la loro evidenza e che, proprio per questo, dovrebbero essere ormai assunte anche dal Ministero dello sviluppo economico e dall'Antitrust nell'ambito delle rispettive funzioni.

50 euro

50 europistola 153x145
Li dai al benzinaio. Ma a chi gonfiano le tasche?

Platts

plattssp 153x145
Cosa si nasconde dietro la quotazione internazionale

Mercato

catenefarfalla 153x145
Tante liberalizzazioni nessuna liberalizzazione

Selfizzazione

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Mettono il self service e lo chiamano progresso

Pompe bianche

pompa bianca 153x145
Il segreto? Comprano in extrarete e senza esclusiva