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IL PESSIMISMO DELLA RAGIONE E L'OTTIMISMO DELLA VOLONTA'

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altan pessimismo 01

di Roberto Di Vincenzo

Forse non tutti hanno ancora compreso che, questa volta, la discussione che vede opposta la Categoria dei Gestori alle compagnie petrolifere non potrebbe dirsi esaurita neanche con un aumento “salvifico” dei margini e neppure con una ripresa delle trattative, purchè sia.

In ballo c’è qualcosa di più. Molto di più.

Ci sono due visioni del mondo in atto che configgono e che traguardano scenari completamente diversi.

Da una parte l’industria petrolifera, piegata ai “desiderata” di Eni ed Esso, che immagina -anche attraverso il sistema di sconti e contro sconti onerosissimi per i Gestori- di dare la spallata finale al sistema di relazioni industriali collettive, prevista e codificata con la Legge 57/01, per scendere sul terreno del rapporto “one to one” con il singolo gestore.

Dall’altra c’è un’accesa resistenza -ben oltre quanto sia realmente percepita- che si oppone alla distruzione di quel che resta di una grande storia fatta di sacrifici e partecipazione, impegnata a difendere quella stessa contrattazione collettiva, unica capace di mitigare lo strapotere di cui le compagnie petrolifere disporrebbero in una relazione individuale.

E’ in questo contesto che deve essere letto il Verbale sottoscritto con il Sottosegretario De Vincenti perché, se pure non coglie appieno le richieste delle Categoria, se non dà risposte immediate alla drammatica situazione del presente ed alle apprensioni che i Gestori manifestano sul loro futuro, conferma però alcuni cardini fondamentali dell’impalcatura normativa che sostiene le ragioni dei Gestori.

Tutti vorremmo tutto e per questo, spesso, si rischia di non prendere nemmeno quello che era a portata di mano.

Perplessità e amarezza con le quali qualche gestore ha accolto il risultato del tavolo negoziale andrebbero riviste alla luce di tali considerazioni.

Gli avvenimenti andrebbero letti per quello che sono e, soprattutto, inseriti nel contesto nel quale le possibilità maturano.

In altre parole, bisognerebbe evitare sia di abbandonarsi a trionfalismi, sia di utilizzare la lente d’ingrandimento dei propri desideri per passare al vaglio il risultato raggiunto.

Il quadro che abbiamo intorno a noi -grazie anche a qualche “cedimento” di troppo- non appare confortante: fino a qualche giorno fa, mettersi seduti a discutere con le Aziende significava toccare con mano che tutte le porte erano chiuse, dovendo sentirsi dire che la contrattazione collettiva era un orpello del passato e che in un sistema moderno, fatto di “mercato” e sfumature, soltanto la contrattazione individuale avrebbe potuto dare risposte adeguate alle mutate ragioni del “marketing”.

Potevamo anche affermare che contro questa visione del mondo saremmo stati pronti a fare la battaglia della nostra vita, ma intanto bisognava prendere atto che il punto di partenza era radicalmente mutato.

Oggi, dopo l’intesa in sede ministeriale, il quadro è certamente migliorato.

Ma ciò non significa che siamo nelle condizioni di ambire ad ottenere il prezzo unico nazionale oppure la percentuale fissa su ogni litro venduto. Il senso e l’ambito negoziale a disposizione della Categoria, deve essere chiaro a tutti, non lascia spazi a questi voli pindarici. Dobbiamo stare con i piedi ben saldi in terra e fare i passi brevi del montanaro che consoce il territorio e sa quanto sia difficile muoversi su terreni impervi.

Ci vuole grande cautela, perché anche le compagnie petrolifere -già pronte a festeggiare la sconfitta dei Gestori e ad imporre la loro visione del mondo come fosse unica ed indiscutibile- sono state costrette ad una battuta d’arresto.

Persino i petrolieri, che pure non rinunceranno ad imporre le loro politiche, dovranno utilizzare maggiore attenzione, magari lusingando i Gestori piuttosto che pestando loro i “calli”.

E’ chiaro, comunque, che non rinunceranno perché avere le mani libere nei confronti dei Gestori e tagliare fuori la loro rappresentanza per poter cancellare ogni diritto, è un piatto troppo ghiotto per essere abbandonato.

Per questo l’intesa sottoscritta al Mise ha una duplice valenza: la prima è quella di forte segnale politico, perché le affermazioni normative sono state fatte dal Sottosegretario a nome del Governo; la seconda è che sono stati ribaditi alcuni concetti, sul piano del diritto, che le Aziende faranno fatica ad ignorare.

Né ci sarebbe da stupirsi troppo se arrivasse la solita autorevole reprimenda a stigmatizzare -dopo un silenzio imbarazzante su posizioni dominanti e comportamenti predatori- l’invadenza della Pubblica Amministrazione su un terreno di cui si rivendica una “caccia riservata”.

Abbiamo quindi il dovere, per la responsabilità che portiamo, di valutare questa complessa realtà e provare a riprendere -pur con il pessimismo della ragione- quella contrattazione dalla quale sappiamo che, difficilmente, verrà fuori qualcosa.

E’ l’ottimismo della volontà che ce impone, così come quell’impegno assunto dal gruppo dirigente nel suo complesso all’atto della sua elezione.

Non ci nascondiamo quanto la strada sia impervia e piena di trabocchetti, ma dobbiamo provarci.

Abbiamo già anticipato al Sottosegretario che lo terremo costantemente informato sull’andamento delle trattative pronti, se non matureranno le condizioni che i Gestori si aspettano, a far valere -sciopero o non sciopero- i diritti tutelati dalla norma contenuta nel D.Lgs. 32/98 che impone al Ministro di esperire un tentativo di conciliazione delle vertenze collettive.

La firma sotto questo unico atto concertativo rappresentato dal Verbale ministeriale ha rimosso quella quantità di polvere che si era depositata sopra strumenti normativi che le Aziende avevano già dati per superati, morti e sepolti.

Vedremo la coerenza delle compagnie quando saranno a formalizzare che le condizioni di cessione del prodotto -per rispettare la norma- devono essere eque e non discriminatorie oppure che i margini, così come emersi dalla negoziazione, devono essere considerati “intangibili”.

Vedremo, cioè, se ancora una volta le compagnie vorranno porsi al di fuori della Legge ovvero vorranno rispettarla, come ogni buon cittadino che rispetta le Leggi anche quando non le condivide.

Vedremo, già a cominciare dal 1° di agosto, se alle parole seguiranno i fatti.

Ma non possiamo chiudere il ragionamento senza una sottolineatura.

Ciascuno in questa vicenda deve fare la sua parte.

La deve fare il gruppo dirigente del Sindacato che ha l’obbligo di tentare una sintesi; la deve fare l’industria petrolifera che non può immaginare che questo settore sia un feudo indiscusso di qualche “maggiorente” che pretende di imporre servaggi a tutti gli altri; la deve fare il singolo Gestore insieme a tanti suoi colleghi per riguadagnare spazi e dignità verso coloro i quali avrebbero preteso di spazzare via, insieme alle sue certezze economiche ed ai suoi diritti, anche il gusto di fare questo mestiere, l’onore e la dignità stessa di uomini.

Il Sindacato è solo la sintesi, l’incontro di tante realtà soggettive che, soccombenti nel rapporto di forza individuale con la singola Azienda, trovano nell’organizzazione la possibilità di dare risposte condivise sul piano collettivo e, attraverso questo, anche sul piano individuale.

Dare forza al Sindacato significa innescare l’unico processo che può portare ad affermare ed accrescere i propri diritti: ci sembra uno scambio proficuo.

Il Sindacato si impegnerà per chiudere questa fase della vertenza entro la fine del mese di agosto sapendo già che a settembre, al di là delle chiacchiere da ombrellone, la macchina degli sconti non si potrà fermare e, quindi, che le aziende torneranno daccapo a dire che i loro bilanci in perdita possono essere sollevati solo da un aumento della propria quota di mercato.

D’altra parte è noto a tutti come sia assai complicato far uscire un tossicodipendente dal “tunnel della droga” e quanto sia necessario un lungo percorso di recupero a “botte” di metadone.

Quanto “metadone” ci vorrà e per quanto tempo, dipenderà dal Sindacato ma, di certo, anche da ciascuno dei soggetti coinvolti.


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