di Roberto Di Vincenzo
A volte, capita che le conferme di un contesto esistente, anzichè apparire come un lezioso immobilismo, appaiano davvero essenziali per determinare un salto di qualità al percorso già avviato.
Così come, a volte può capitare che il confronto che si realizza attraverso il rituale di un incontro, invece di dare il senso stucchevole di una vuoto esercizio retorico, riesca davvero a tramutarsi in reciproco ascolto e preparazione dell’agire.
E’ questo il caso -a nostro avviso- dell’appuntamento della scorsa settimana che ha riunito le delegazioni delle organizzazioni di categoria dei gestori ed il vertice della divisione commerciale eni, significativamente guidato per la prima volta e in prima persona dal capo della Divisone operativa di eni, Salvatore Sardo.
Tante le questioni che i gestori avevano ripetutamente sollecitato all’azienda e tutte idonee a travalicare, pur senza snobbarlo o lasciarlo senza risposta, il livello del semplice rapporto “bilaterale” e “di colore”: storicamente quasi nulla di quanto avviene in casa eni, soprattutto nel rapporto con i gestori, non ha il "potere" di incidere in modo profondo -nel bene e nel male- nelle scelte poi assunte dall’intero mercato e nel posizionamento di ciascuno degli altri operatori.
I risultati positivi conseguiti nel corso del 2015 (in estrema sintesi, la netta inversione di tendenza del risultato economico aziendale, dopo anni di perdite consistenti, ed il recupero del ruolo di price maker in larga parte del Paese, dopo anni di inefficaci rincorse verso il basso di ogni altro concorrente) per effetto diretto dell’Accordo collettivo del dicembre 2014, hanno la assoluta necessità di essere sostenuti e consolidati con scelte coerenti.
Chiusa l’epoca caratterizzata dall’ubriacatura di una strategia commerciale tutta incentrata sulla “macchinetta del self service”, considerata interlocutore unico e docile, per poter fronteggiare un "mercato" in rapido dissolvimento era necessario immaginare una politica di marketing che valorizzasse nuovamente gli assets industriali (con valori in caduta libera) e ricreasse le condizioni per recuperare margini operativi decenti.
All'interno di questo solco ed in coerenza con una strategia di più ampio respiro è maturato l’Accordo del 2014: un Accordo di prospettiva condiviso con eni che il vertice della stessa Azienda ha inteso riconfermare proprio nella riunione della scorsa settimana.
Insomma: indietro non si torna e, questa, per la Categoria dei Gestori è certamente una buona notizia.
Per quanto poco ciò possa apparire, si tratta di un fatto capace di restituire una prospettiva e di imprimere una spinta decisiva in una precisa direzione a tutto il settore: una concreta alternativa offerta all’improvvisazione regnante ed all’abbrivio mortifero verso il baratro che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Non si tratta solo dell’eco diffusa da affermazioni -restituire dignità e remuneratività alla distribuzione carburanti; valorizzare la qualità del servizio; utilizzare, differentemente lo strumento del prezzo sia rispetto al mercato sia all’interno dello stesso marchio; ricostruire il rapporto privilegiato con i Gestori che non possono (più) essere individuati come il nemico- che in altri tempi e con interlocutori diversi suonavano vuote e sterili litanie senza alcuna capacità di incidere nella realtà.
L’attenzione mostrata dall'Azienda alla drammatica situazione dei Gestori, che hanno pagato più duramente (ed ingiustamente) di ogni altro -ben oltre gli effetti della crisi generale- una lunga stagione di scelte dell’”industria” incredibilmente sbagliate, per durata, ripetitività ed effetti devastanti sui bilanci,senza oltretutto che nessuno sia stato chiamato a risponderne in prima persona, è certamente un elemento nuovo su cui appuntare la riflessione.
Un punto di partenza che guadagna nuovamente significato in quanto una tale attenzione sia inserita nella prospettiva più ampia dell’iniziativa che va assunta per restituire al settore un sistema regolatorio complessivamente equo, certo e “uguale per tutti”, sia nei suoi termini che nei controlli e nelle penalizzazioni.
Mettere fine alla "sacca dei privilegi" intoccabili, appannaggio esclusivo di chi ha goduto e sta godendo di condizioni di mercato troppo favorevoli per essere vere e di lunga durata, ai nostri occhi è la cifra qualificante di una politica industriale costruita a difesa degli interessi di quanti in questo settore investono capitale, lavoro ed il proprio futuro: lavoratori, dirigenti e Gestori. Trasferire risorse sottraendole all'operatività, agli investimenti, allo sviluppo ed al rilancio del settore, significa condannare persino l'industria petrolifera ad un ruolo residuale fino all'obsolescenza.
Questo dovrebbe far riflettere non solo la stessa industria ma il Paese e la sua classe politica che non può continuare a sballottare il settore fra scelte mancate e politiche contraddittorie, mero strumento di "propaganda" usa e getta senza porsi alcun interrogativo sul futuro.
La leadership di eni (intesa anche come “corporate”) deve, quindi, tornare a concretizzarsi, nella capacità di coinvolgere il resto dei soggetti interessati come in quella di sollecitare compiutamente la politica ad assumere scelte appropriate e necessarie, anche nella distribuzione (e nella raffinazione), tanto più con il petrolio a 35/40 dollari al barile e non più a 100/130 (con tutto quello che ciò significa).
C’è bisogno -fuori dal circolo convegnistico dell’unanimismo sulle buone intenzioni, utile non più che a “scaricare” le colpe su altri, insieme alla propria “buona coscienza”- di ridisegnare e proteggere i confini del mercato, della legalità e della competizione, non solo e non tanto dall’illegalità manifesta, quanto dall’elusione e dall’aggiramento della “regola”.
Aspetto rispetto al quale nessuno può davvero e del tutto chiamarsi fuori: se non altro per la diffusa responsabilità in relazione all’omertoso silenzio sugli strappi profondi al tessuto regolatorio prodotti in tanti anni di “extra rete”, vera incubatrice di molti comportamenti che ora qualcuno -novello sepolcro imbiancato- pretende di censurare solo perché altri soggetti, apparentemente più virtuosi ma forse solo più disinvolti, sono pronti ad approfittarne meglio.
Le regole fanno "venire l'orticaria" a chi vive ad di fuori ed al di là di esse: gli operatori seri ed onesti dovrebbero essere i paladini di un sistema regolatorio per evitare che la competitività venga svolta fra soggetti che non sono alla pari.
Il vantaggio indebito di quanti oggi (dopo aver drenato per anni ingenti risorse al settore grazie all’extra rete) collocano il prodotto in esenzione di imposta (ma anche di chi lo acquista per distribuirlo al dettaglio) iscrivendosi al club per niente esclusivo degli “abituali importatori”, va combattuto e penalizzato.
Esattamente come quello generato dalla commercializzazione di prodotto “clandestino” o variamente “edulcorato”.
Così come, con la medesima adesione convinta, l’intera “comunità” di coloro i quali ritengono e comprendono che le loro attività non possono che dipendere da un sistema di regole certo, deve combattere e pretendere che venga penalizzato il vantaggio indebito derivante dall’uso di contratti di gestione illegittimi e anche solo elusivi della normativa vigente o dall’imposizione di condizioni economiche fissate in assenza della contrattazione collettiva voluta dalla legge.
Esattamente come le combatterebbe un industriale dell’abbigliamento costretto a confrontarsi con la concorrenza di chi produce le sue stesse magliette, ma avvalendosi della manodopera di centinaia di persone stipate in un sottoscala, pagate 50 centesimi l’ora, senza contratto e persino senza permesso di soggiorno (vicenda non del tutto estranea a tanti impianti cosiddetti “ghost” della rete italiana). E questo, in un mercato sano non può essere scambiato per “competitività”, al di là della ciclica indignazione di maniera.
E’, in definitiva, anche per queste ragioni, che l’incontro con il vertice di eni è apparso assai produttivo: mettere definitivamente alle spalle un periodo di "scorciatoie" ed improvvisazioni, per ricostruire una relazione schietta e duratura appare il solo modo per reagire ad una situazione ancora particolarmente incerta e critica, in special modo per i Gestori.
Naturalmente, è necessario fare seguire i fatti alle parole, a cominciare dal tentativo di recuperare l’occasione persa qualche mese fa’ nel segmento autostradale, arrivando concretamente e rapidamente alla sottoscrizione di un Accordo collettivo specifico (come confermato dall'eni durante il confronto), capace di dare un messaggio forte al resto del segmento, alla vigilia di un prevedibilmente complicato risveglio da un rinnovo degli affidamenti che si preannuncia né facile, né indolore.
Molto è ancora da fare, ma oggi c’è una possibilità in più. E noi intendiamo coglierla e valorizzarla.
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