La sentenza del Tribunale di Massa che conferma la condanna di una compagnia petrolifera -nel caso specifico la Shell- per abuso di dipendenza economica e le ordina di abbassare i prezzi dei carburanti imposti ad un suo gestore, sta via via "incuriosendo" anche l'informazione generalista.
Dopo "Il Fatto Quotidiano" e numerosi giornali on line, oggi ad occuparsi della questione, con mirabile sintesi, è il giornale della Confindustria, Il Sole 24ore, con un articolo a firma Maurizio Caprino che di seguito riproduciamo.
Concorrenza. Rapporti compagnie-gestori
Benzina, il prezzo lo fa il Tribunale
di Maurizio Caprino
Se la compagnia petrolifera fornisce prodotti ai distributori a prezzo non competitivo, commette abuso di dipendenza economica.
Lo ha stabilito il Tribunale di Massa, con la sentenza del 15 maggio che ha chiuso la causa RG n. 699/2014, respingendo il ricorso di una compagnia contro l'ordinanza 684/2014 con cui a febbraio i giudici avevano dichiarato nullo un contratto compagnia-gestore, ordinando di praticare un prezzo analogo a quello pattuito con un impianto vicino.
E il primo abuso riconosciuto da quando la norma sulla dipendenza vale per la distribuzione carburanti e, soprattutto, una "bocciatura" delle politiche scelte dalle compagnie dopo la crisi e l'avvento di pompe bianche e grande distribuzione.
Le compagnie hanno variato sensibilmente i prezzi di fornitura ai gestori, abbassandoli per le pompe che ritengono più esposte alla concorrenza e aumentandoli in quelle più "protette".
Così non è raro che impianti vicini e con stesso marchio siano approvvigionati a condizioni diverse, con effetti sui prezzi al pubblico.
L'abuso di dipendenza economica, introdotto dall'articolo 9 della legge 192/1998 per le subforniture, da due anni è previsto dall'articolo 17, comma 3, del DI 1/2012 anche per il rapporto compagnia-gestore.
I giudici di Massa lo ravvisano nella combinazione di due clausole del contratto di fornitura predisposto dalla compagnia: esclusiva dell'approvvigionamento e fatturazione volta per volta, al prezzo indicato dalla compagnia.
Mancherebbe la «possibilità di una contrattazione almeno tendenzialmente paritaria».
A riprova, la sentenza confronta l'impianto oggetto di causa con un altro di stesso marchio, distante quattro chilometri: nel primo i prezzi erano più alti e i giudici lo spiegano col maggior traffico pesante che fa ritenere che l'impianto sia in grado di "reggerli".
La compagnia aveva obiettato di avere libertà di fissare i prezzi, che il gestore ha libertà di recedere dal contratto e che i due impianti non sono concorrenti
Il Tribunale ha risposto che la libertà della compagnia ha un limite nell'abuso di dipendenza economica, che la libertà del gestore è solo teorica (essendo difficile ricollocarsi) e che è documentato che le vendite dell'impianto che aveva il prezzo più alto sono risalite quando le condizioni sono state riallineate.
Inoltre, i giudici ritengono che l'articolo 9, commi 203, della legge 192/1998 dia loro pienipoteri, sia inibitori sia risarcitori, e che il rapporto gestore-compagnia è pacificamente ritenuto parasubordinato.
Di qui la legittimità dell'ordinanza che riallinea i prezzi e accende il fronte legale di una battaglia finora rimasta sul piano sindacale.
Infatti il sindacato Fegica-Cisl considera quella di Massa una causa-pilota.
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