“Class Action – Giustizia per i Gestori”, nell’immediato e per rivendicare i diritti calpestati nel recente passato, e un “grande patto per il settore” tra tutti gli operatori ed i soggetti interessati, per restituire speranza alla distribuzione carburanti nel futuro: queste le linee di azione della Fegica per i prossimi mesi. La Relazione della Segreteria. I nuovi Organismi statutari.
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“Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla”.
E’ con questo ammonimento e con l’immagine stilizzata del suo autore, Martin Luther King, che la Fegica ha pensato di sintetizzare il messaggio del proprio V° Congresso Nazionale che si è tenuto a Roma nella giornata di ieri, 9 maggio, presso l’auditorium della Cisl e che, senza proclami né pretese di modernità, è stato interamente diffuso in diretta, in streaming, attraverso questo sito che ne mette a disposizione anche la registrazione integrale.
E proprio alla capacità di iniziativa di ciascuno, alla partecipazione diretta, all’assunzione di responsabilità è ispirata sostanzialmente la Relazione della Segreteria affidata al Presidente, Roberto Di Vincenzo, da subito protesa a fare i conti “con i problemi drammatici che agitano la Categoria; con la depressione a cui sono state spinte le gestioni dalla irresponsabile politica delle compagnie petrolifere; con la crisi identitaria di chi vede fallire la propria vita; con il “dissolvimento” delle famiglie che si consuma intorno alla crisi delle attività svolte e che si traduce in mancanza di liquidità, in fidejussioni escusse, in case familiari messe all’asta”.
La Fegica tuttavia intende, prima di ogni altra cosa, farsi portatrice di un messaggio: “la solitudine non è l’unica condizione possibile; malgrado i momenti in cui l’assoluta mancanza di serenità d’animo lo renda incomprensibile, la solitudine ha sempre una alternativa nella solidarietà e nel sostegno che i colleghi, la Categoria e l’Organizzazione debbono e sono nelle condizioni di mettere a disposizione”.
Un segnale di speranza che però non può che passare attraverso “la partecipazione critica, costante e paziente, di migliaia di Gestori e lavoratori alla costruzione del progetto di cambiamento che può rimettere le cose a posto”.
Perché “non basta attendere, inerti, un domani migliore”, ma è necessario che i Gestori tornino “a ragionare come un soggetto collettivo all’interno del quale le diversità diventino patrimonio comune, strategia condivisa e convinzione nei propri mezzi”.
Catalizzare ed organizzare questa spinta è il compito principale del Sindacato che deve essere pronto ad assumere le responsabilità di ritardi e di inadeguatezze, ma su cui non può essere scaricato “il sostanziale disinteresse dei singoli individui”, come se il Sindacato “fosse una figura astratta o un soggetto avulso dal contesto nel quale opera e dagli interessi che rappresenta”.
“Il Sindacato -ricorda la Relazione di Di Vincenzo- è un soggetto collettivo composto da tutti i Gestori ed a cui i Gestori hanno il diritto-dovere di partecipare per definire la sintesi politica e la strategia che meglio tuteli, con l’interesse generale, quello dei singoli”.
“Senza Sindacato, è bene essere chiari, non c’è alcun futuro possibile per la Categoria. Almeno in questo contesto. Almeno in questa fase storica”.
Così come non c’è altra possibilità che partecipare attivamente alla vita sociale: “l’esercizio della democrazia è, spesso, difficile e defatigante ma non ha alternative valide. Soprattutto per i più deboli”.
Già, i più deboli e la loro tutela: proprio il compito di una politica che invece ha “tradito” i Gestori.
Una politica che “ha fornito la dimostrazione plastica della sua debolezza, riconoscendo per riflesso condizionato ed in automatico il “più forte”, offrendogli sponde e, anzi, anticipando persino i desideri che quello -il più forte- neanche sapeva di avere”.
“Lo ha fatto con una serie inesauribile di “ritocchini” […] palesemente destinati ad aggiustare piccoli interessi di bottega di questo o quell’altro soggetto con buone entrature nelle segrete stanze, ma comunque capaci di infliggere nuovi colpi mortali ad un intero settore produttivo e all’interesse collettivo”.
Un elenco di misure che la Categoria e l’intero settore stanno pagando a carissimo prezzo: “dal self service pre-pay aperto durante il normale orario di servizio, alle “linee guida” per l’assegnazione delle Aree di Servizio autostradali, ritagliate sui monopolisti della ristorazione, passando per cervellotici interventi sul Fondo Indennizzi (che realizza il paradosso secondo cui i gestori pagheranno parzialmente un indennizzo ai proprietari degli impianti), sulla cartellonistica (che legalizza il prezzo civetta) e sulla comunicazione dei prezzi (che apparecchia un nuovo banchetto per terzi soggetti privati che si sono già candidati a sfruttare commercialmente le informazioni raccolte ai danni dei Gestori)”.
In tutto questo “le aziende petrolifere hanno continuato a scansarsi, ad allontanare quanto più possibile da loro impegni e responsabilità scaricandoli sui Gestori oppure ad applaudire ogni intervento che forzasse la norma contro le attività dei Gestori, vale a dire contro le attività svolte sui loro stessi impianti. Senza che si rendessero minimamente conto che quelli appena piantati sono altri chiodi sulla bara del settore”.
Al contrario, l’industria petrolifera si è dimostrata confusa e inconcludente “cambiando, nel breve volgere di un quadriennio, dozzine di volte il suo punto di vista strategico”, assumendo di volta in volta sempre nuovi e diversi obiettivi da mettere sul conto dei Gestori: dalla clausola di recesso, agli orari di servizio; dai contratti, alla ristrutturazione della rete.
“Tutti alibi -conclude la Relazione- solo stratagemmi per nascondere l’inadeguatezza della sua classe dirigente a rappresentare prima di tutto gli interessi aziendali. Si direbbe persino a saperli riconoscere”.
Le responsabilità della devastazione dell’intero settore e delle drammatiche condizioni in cui versano la distribuzione in generale ed i Gestori in particolare sono principalmente dell’industria che ha “preteso di condurre il treno lungo una linea morta: oggi, quella miopia politica ha portato alla luce la totale mancanza di strategia, in un mercato nel quale la pochezza dell’analisi non è riuscita che a produrre un po’ di sconti, un taglio dei margini, una sofferenza diffusa fra i Gestori ma, ed è quello che difficilmente potrebbe spiegarsi ad un azionista attento, bilanci fortemente in negativo”.
Si tratta, in definitiva, di un “arretramento complessivo che ha come elemento strategico centrale lo “sconto” sul prezzo al pubblico che, come è noto, rimane (e sempre rimarrà, qualunque cosa accada) molto al di sotto delle aspettative degli automobilisti”.
Ma -ed è questa la domanda fondamentale cui le aziende continuano a sottrarsi sistematicamente- chi può giustificare una “rete parallela rifornita direttamente dalle compagnie petrolifere [quella delle pompe bianche, ndr] che può permettersi di praticare un prezzo al pubblico più basso di quello che le compagnie petrolifere fanno praticare ai loro Gestori (che pure partecipano allo sconto) sulla rete di marchio?”.
“Così, oltre a generare una condizione di incomprensione -anche per gli addetti ai lavori- si uccide la distribuzione”.
Tuttavia, proprio nel tentativo di dare corpo all’ammonimento di Martin Luther King che il V° Congresso della Fegica ha assunto come proprio, la Relazione di Di Vincenzo indica una necessità imperativa: “non arrendersi all’inerzia della Politica o di non rimanere prigionieri degli “annaspamenti” della nostra controparte. Il nostro compito é, ancora una volta, quello di prendere nelle nostre mani le redini della proposta, per provare a far uscire l’intero settore dalle sabbie mobili nelle quali si è cacciato per insipienza”.
Il primo indispensabile passo è quello che “si ritrovino, nei fatti, le compatibilità fra le Organizzazioni di Categoria”.
“Con questo spirito, ormai da molti mesi, abbiamo ripreso -ricorda la Relazione- un ragionamento unitario costruttivo con le altre Organizzazioni di Categoria. L’obiettivo della Fegica è quello di trovare prima le ragioni profonde delle diverse chiavi interpretative degli accadimenti che hanno prodotto una diversificazione delle posizioni e, quindi, provare ad esplorare, unitariamente, quel futuro che non può esistere se non come sintesi condivisa”.
“Ciò offrirebbe un altro modo di concepire il settore che, come abbiamo purtroppo dovuto costatare, senza l’apporto costruttivo sempre offerto dalla Categoria alla evoluzione dei processi industriali e distributivi, nel corso di questi anni ha visto peggiorare, drammaticamente, tutti gli indicatori”.
E’ proprio in funzione di una tale considerazione che “la Fegica, insieme ai colleghi di Faib e Figisc, si farà promotrice di avanzare una nuova proposta che, partendo dalla necessità di ristrutturare (e ridurre) la rete distributiva, trovi la capacità per parlare all’universo del settore e delle istituzioni, realizzando le indispensabili convergenze su un’unica soluzione”.
“Dobbiamo, tutti insieme, ritrovare la capacità di governare i processi economici e mettere in azione tutte le leve -non solo quella del prezzo- che consentano a tutti i soggetti di trovare i necessari equilibri per traghettare, senza traumi, il nostro sistema di distribuzione verso nuovi orizzonti”.
E’ quindi necessario coinvolgere tutti i soggetti che hanno un qualche interesse nel settore -"le Organizzazioni di Categoria dei Gestori, le compagnie petrolifere, i retisti privati, le concessionarie autostradali, i consumatori, il Ministero, le Regioni, la Gdo"- nella definizione di “un “patto per lo sviluppo e l’ammodernamento del settore” capace di offrire soluzioni adeguate ai tanti problemi che abbiamo evidenziato ma che, per ciò stesso, disegni anche il futuro sistema di relazioni industriali”.
Questo il “solco” lungo il quale la Fegica decide di muoversi nei prossimi mesi.
Una sorta di “convenzione” che però ha bisogno di chiarezza fin dal suo avvio perché “ad un patto di questa natura ci si sta o non ci si sta: non esistono mezzi termini né la possibilità di sfilarsi a proprio piacimento, magari per veder fallire l’iniziativa”.
Ma se questa è la proposta che la Fegica presenta dal suo Congresso per il futuro possibile del settore e per il rilancio del confronto e della mediazione, nessuno ha il diritto di stupirsi se, nell’immediato e “perché quanto di grave è avvenuto nel recente passato non costituisca una insuperabile ipoteca sul futuro”, il Sindacato batterà la “via giudiziaria” per fare “inequivocabile chiarezza” sul rispetto che è dovuto alle leggi che regolano il settore in materia di contrattazione collettiva.
Una strada -ricorda Di Vincenzo- “che siamo stati ripetutamente e pubblicamente sfidati a seguire da chi ritiene di essere al di sopra e al di fuori delle regole” e che è stata intrapresa “solo dopo che tutte le porte sono state chiuse a doppia mandata”.
Si tratta della iniziativa “Class Action – Giustizia per i Gestori” che, accanto al procedimento già incardinato direttamente dalla Fegica contro una prima azienda petrolifera, mette a disposizione uno strumento giuridico per chiedere giustizia per “ciascun Gestore che ritenga di essere stato ingiustamente danneggiato -per esempio attraverso una discriminazione operata ai suoi danni sul piano del prezzo e dello sconto riservatogli- ovvero che abbia dovuto sopportare condizioni peggiorative introdotte attraverso gli accordi one to one”.
“Centinaia di Gestori -annuncia Di Vincenzo dal palco del V° Congresso- hanno già risposto, finora, alla brochure che abbiamo inviato e le prime “cause” si stanno incardinando: i risultati arriveranno nei tempi che la giustizia riterrà congrui ma, comunque, aver posto il problema fuori dai canali conosciuti è un salto di qualità che dimostra a quale livello di fibrillazione sia ormai giunta la frustrazione di Gestori che non riescono più a trovare risposte nell’interlocuzione con la propria Azienda”.
La Fegica -chiarisce, infine, la Relazione- “non intende prescindere, tanto nell’immediato quanto per il futuro, dall’esercitare quel ruolo negoziale che le leggi “speciali” assegnano, inequivocabilmente, alla rappresentanza dei Gestori. Su tale principio non è possibile né fare né tantomeno chiedere sconti che non potranno mai arrivare. Si tratta di una precondizione senza il cui riconoscimento ogni possibilità di ricostruire quel tessuto connettivo indispensabile alla ricrescita del sentire comune, come settore, è estremamente difficile”.
Al termine del dibattito generale e delle conclusioni curate dal Segretario Generale, Roberto Timpani, il Congresso ha votato la mozione conclusiva che conferma, approvandole all’unanimità, le tesi e le proposte svolte con la Relazione, ed eletto il nuovo Consiglio Nazionale, al quale, immediatamente convocato, secondo il dettato statutario, è stato affidato il compito di eleggere l’Esecutivo Nazionale e quindi la Segreteria Nazionale.
Quest’ultima è stata integralmente confermata nella composizione e nel numero con Roberto Timpani, Segretario Generale, e Roberto Di Vincenzo, Presidente, alla guida dei nove Segretari Nazionali.
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